Sindrome sgombroide e istamina:il commento di LABCAM Albenga

Sindrome sgombroide e istamina:il commento di LABCAM Albenga

Il caso delle intossicazioni alimentari a Genova del 10 dicembre 2025, con 18 persone soccorse dopo il consumo di piatti a base di pesce (probabilmente tonno), riporta sotto i riflettori un fenomeno tossicologico che spesso è sottovalutato: la sindrome sgombroide, ovvero un’intossicazione da istamina potenzialmente grave ma difficilmente riconoscibile a prima vista.

L’istamina è una ammina biogena prodotta dalla decarbossilazione dell’aminoacido istidina, che è naturalmente presente nei tessuti di molte specie ittiche appartenenti alla famiglia Scombridae — tra cui tonno, sgombro, sardine e acciughe.

Questa reazione non avviene spontaneamente nella carne di pesce fresca: è invece innescata da enzimi batterici che proliferano quando la catena del freddo viene interrotta o quando il pesce è conservato a temperature superiori ai 6-10 °C per periodi prolungati.

Meccanismo biochimico e correlazione con la sindrome sgombroide

In condizioni di deterioramento, i batteri trasformano l’amminoacido istidina in istamina, che può accumularsi in concentrazioni molto elevate. L’istamina così formata è termostabile: non viene decomposta da normali processi di cottura, refrigerazione o congelamento.

Dal punto di vista biochimico, l’istamina ingerita scatena reazioni cliniche molto simili a quelle delle allergie IgE-mediate — arrossamento cutaneo, prurito, nausea, vomito, diarrea, tachicardia, mal di testa — con un’insorgenza rapida, solitamente nell’arco di pochi minuti fino a due ore dopo il pasto.

Studi clinici hanno dimostrato che nei casi di intossicazione sgombroide, esami sulle urine mostrano livelli di istamina e dei suoi metaboliti decine di volte superiori ai valori normali, confermando la tossicità diretta della molecola assunta con l’alimento contaminato.

Il caso di Genova: elementi tecnici di correlazione

Nel caso di Genova:

  • Sintomatologia rapida: i malori si sono manifestati pochi minuti dopo l’ingestione delle pietanze a base di pesce — un dato compatibile con la cinetica dell’intossicazione da istamina, che ha un periodo di incubazione molto breve.
  • Assenza di segnali di deterioramento visivi o olfattivi: gli ispettori e i gestori del locale hanno confermato che l’aspetto, l’odore e il sapore del tonno erano nella norma. Questo è tipico dell’intossicazione sgombroide, dove l’istamina può accumularsi senza alterare le caratteristiche organolettiche del pesce.
  • Presenza di tonno: la specie ittiche coinvolta, presumibilmente il tonno, è nota per avere contenuti naturali più elevati di istidina, precursore dell’istamina, rispetto ad altri pesci.
  • Ruolo della catena del freddo: l’ipotesi tecnica prevalente è che un’inadeguata gestione della temperatura nella filiera di stoccaggio o di preparazione abbia favorito la produzione di istamina.


Aspetti diagnostici e limiti di prevenzione

Dal punto di vista sanitario, la diagnosi di sindrome sgombroide è prevalentemente clinica: non esistono test immediati durante il soccorso per confermare istamina alta nei tessuti ingeriti. I controlli analitici su campioni di alimento e indagini sulla filiera alimentare sono necessari ma richiedono tempo e strumentazione all’avanguardia.

La prevenzione, dal punto di vista tecnico igienico, si concentra su:

  • Controllo rigoroso della catena del freddo, dalla pesca alla preparazione.
  • Monitoraggio microbiologico dei prodotti destinati alla ristorazione.
  • Formazione degli operatori sulle condizioni di rischio e sui limiti di temperatura.


Conclusioni tecnico-scientifiche

La recente serie di intossicazioni genovesi conferma un dato noto dalla letteratura scientifica: la correlazione tra accumulo di istamina nei prodotti ittici e la sindrome sgombroide è diretta e determinante, e può manifestarsi anche in assenza di evidenti segni di deterioramento del pesce.

Per operatori e autorità sanitarie, l’evento sottolinea l’importanza di controlli efficaci sulla filiera della conservazione del pesce, nonché la necessità di una diagnosi tempestiva e differenziale con altre forme di tossinfezioni alimentari. Solo così è possibile contenere il rischio di futuri episodi simili.

Luca Medini, direttore LABCAM Albenga

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