Nel Laboratorio chimico merceologico della Camera di Commercio di Savona, ad Albenga, due sale attrezzate per l’analisi sensoriale dell’olio, complementare alle analisi chimiche, fisiche e microbiologiche per verificare le caratteristiche del prodotto.
Etichette sempre più trasparenti e con indicazioni sempre più puntuali a tutela del consumatore dell’olio d’oliva. Dal 5 novembre, con l’approvazione da parte della Conferenza unificata dello schema di decreto legislativo sulle sanzioni in caso di violazioni del regolamento 29/2012 Ue sulla commercializzazione dell’olio di oliva, vengono introdotte sanzioni fino a 9.500 euro per mancata o errata indicazione sull’origine del prodotto. Il mancato rispetto dell’obbligo di indicare in etichetta e nei documenti commerciali degli “oli extra vergini di oliva” e degli “oli vergini” la designazione dell’origine o difforme designazione , magari ricorrendo a figure o segni fuorvianti, costerà ai trasgressori una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 a 9.500 euro. Anche l’utilizzo di indicazioni facoltative come “prima spremitura a freddo”, “estratto a freddo” e delle indicazioni facoltative relative alle caratteristiche organolettiche, all’acidità e alla campagna di raccolta sarà punito con multe tra i 3.500 e i 18 mila euro, una sanzione che non risparmia neppure i soggetti della filiera diversi dai produttori di olio. «Sono tutte misure che indicano il grado di esposizione al rischio di contraffazione o di frode dei nostri prodotti oleari, come dimostrano anche le recenti indagini avviate dall’Antitrust su marchi molto noti di olio venduto in Italia» commenta Luca Medini, direttore di Labcam srl-Laboratorio chimico merceologico della Camera di Commercio di Savona.
«La tutela dalla qualità dei prodotti è strettamente legata alla trasparenza delle informazioni comunicate al consumatore in etichetta – spiega Medini – Nel nostro laboratorio di Albenga, abbiamo consolidato una lunga tradizione nell’analisi sensoriale dei prodotti, in particolare dell’olio extra vergine di oliva, produzione tipica del Ponente ligure e siamo un punto di riferimento non solo per il territorio regionale, ma anche nazionale».
Il Laboratorio chimico merceologico ha due le sale attrezzate per effettuare analisi sensoriali, realizzate secondo i criteri fissati dal Reg. CEE 2568/91. Una sala ospita dieci cabine singole per l’effettuazione di panel di assaggio, l’altra è dotata di un grande tavolo con dieci posti attrezzati per l’effettuazione di panel di assaggio aperti.
«In campo alimentare l’analisi sensoriale è un necessario complemento alle analisi chimiche, fisiche e microbiologiche: l’una non può escludere le altre e viceversa» commenta Medini, facendo riferimento anche alle ultime indagini che, qualche settimana fa, hanno portato a sette istruttorie per presunte pratiche commerciali scorrette nei confronti di importanti aziende che commercializzano olio in Italia. «Oltre ad avere caratteristiche qualitative conformi a criteri di qualità – commenta Medini – gli alimenti devono anche essere caratterizzati dal punto di vista organolettico consentendo al consumatore di poter riconoscere e quindi apprezzare il prodotto confrontandolo con altri» «L’analisi sensoriale – dice Medini – è un metodo di misura oggettivo per la valutazione merceologica degli alimenti caratterizzati attraverso la vista, l’udito, il tatto, il gusto e l’olfatto. L’industria alimentare utilizza ormai l’analisi sensoriale sia come verifica del rispetto dei disciplinari imposti per legge ad esempio nell’attribuzione delle denominazioni di origine o volontari che come vero e proprio strumento di marketing».



Sindrome sgombroide e istamina:il commento di LABCAM Albenga
Il caso delle intossicazioni alimentari a Genova del 10 dicembre 2025, con 18 persone soccorse dopo il consumo di piatti a base di pesce (probabilmente tonno), riporta sotto i riflettori un fenomeno tossicologico che spesso è sottovalutato: la sindrome sgombroide, ovvero un’intossicazione da istamina potenzialmente grave ma difficilmente riconoscibile a prima vista.
L’istamina è una ammina biogena prodotta dalla decarbossilazione dell’aminoacido istidina, che è naturalmente presente nei tessuti di molte specie ittiche appartenenti alla famiglia Scombridae — tra cui tonno, sgombro, sardine e acciughe.
Questa reazione non avviene spontaneamente nella carne di pesce fresca: è invece innescata da enzimi batterici che proliferano quando la catena del freddo viene interrotta o quando il pesce è conservato a temperature superiori ai 6-10 °C per periodi prolungati.
Meccanismo biochimico e correlazione con la sindrome sgombroide
In condizioni di deterioramento, i batteri trasformano l’amminoacido istidina in istamina, che può accumularsi in concentrazioni molto elevate. L’istamina così formata è termostabile: non viene decomposta da normali processi di cottura, refrigerazione o congelamento.
Dal punto di vista biochimico, l’istamina ingerita scatena reazioni cliniche molto simili a quelle delle allergie IgE-mediate — arrossamento cutaneo, prurito, nausea, vomito, diarrea, tachicardia, mal di testa — con un’insorgenza rapida, solitamente nell’arco di pochi minuti fino a due ore dopo il pasto.
Studi clinici hanno dimostrato che nei casi di intossicazione sgombroide, esami sulle urine mostrano livelli di istamina e dei suoi metaboliti decine di volte superiori ai valori normali, confermando la tossicità diretta della molecola assunta con l’alimento contaminato.
Il caso di Genova: elementi tecnici di correlazione
Nel caso di Genova:
Aspetti diagnostici e limiti di prevenzione
Dal punto di vista sanitario, la diagnosi di sindrome sgombroide è prevalentemente clinica: non esistono test immediati durante il soccorso per confermare istamina alta nei tessuti ingeriti. I controlli analitici su campioni di alimento e indagini sulla filiera alimentare sono necessari ma richiedono tempo e strumentazione all’avanguardia.
La prevenzione, dal punto di vista tecnico igienico, si concentra su:
Conclusioni tecnico-scientifiche
La recente serie di intossicazioni genovesi conferma un dato noto dalla letteratura scientifica: la correlazione tra accumulo di istamina nei prodotti ittici e la sindrome sgombroide è diretta e determinante, e può manifestarsi anche in assenza di evidenti segni di deterioramento del pesce.
Per operatori e autorità sanitarie, l’evento sottolinea l’importanza di controlli efficaci sulla filiera della conservazione del pesce, nonché la necessità di una diagnosi tempestiva e differenziale con altre forme di tossinfezioni alimentari. Solo così è possibile contenere il rischio di futuri episodi simili.
Luca Medini, direttore LABCAM Albenga
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