Un recente studio dell’Università della California a San Francisco (Usa) indica potenziali benefici cardiovascolari di diversi prodotti contenenti caffeina, come appunto caffè, cioccolato e tè. Labcam, Laboratorio chimico merceologico della Camera di Commercio di Savona, da anni si è specializzato nell’analisi sensoriale sulla qualità del caffè.
Sembra sfatato il tabù secondo il quale il caffè porterebbe a battiti “extra” e quindi sarebbe sconsigliato a chi è affetto da patologie cardiovascolari. Secondo l’ultima indagine svolta da ricercatori dell’Università della California a San Francisco (Usa) su 1.388 pazienti, ci sarebbero potenziali benefici cardiovascolari di diversi prodotti contenenti caffeina, come appunto caffè, cioccolato e tè. «Sicuramente una buona notizia per tutti gli amanti di questa bevanda che potranno avere un motivo in più per non rinunciare al rituale piacere di una tazzina di caffé» commenta Luca Medini, direttore di Labacam srl, Laboratorio chimico merceologico della Camera di Commercio di Savona, che da anni è specializzato nell’analisi sensoriale del caffè e organizza corsi anche per aspiranti assaggiatori. «Durante i nostri seminari – spiega Medini – forniamo ai partecipanti informazioni oltre che sulle caratteristiche agronomiche, anche sui controlli e le verifiche di laboratorio, con approfondimenti dedicati al tema della percezione organolettica olfattiva e sensoriale del caffé».
Nella sede di Albenga di Labcam si svolgono analisi sul caffè crudo e tostato partendo dal controllo di alcuni parametri fondamentali per garantire la qualità del prodotto e la conformità alle normative alimentari esistenti. Tra queste il contenuto di caffeina sulle miscele di caffè tostato per poter garantire un contenuto costante nel prodotto, il contenuto di Ocratossina A (un fungo dannoso per la salute il cui valore massimo non deve superare 5 parti per miliardo sul caffè tostato e 10 ppb sul caffè solubile), il tenore di umidità, l’eventuale presenza di metalli pesanti presenti in natura,
analisi microbiologiche, la classificazione dei caffè secondo le tabelle dei relativi Paesi di Origine, per verificarne la rispondenza alla qualità o al grado dichiarati. Infine l’analisi più piacevole: l’assaggio in tazza per verificare la presenza di eventuali difettosità o gusti estranei sui caffè oppure per valutare la qualità delle miscele tostate.



Sindrome sgombroide e istamina:il commento di LABCAM Albenga
Il caso delle intossicazioni alimentari a Genova del 10 dicembre 2025, con 18 persone soccorse dopo il consumo di piatti a base di pesce (probabilmente tonno), riporta sotto i riflettori un fenomeno tossicologico che spesso è sottovalutato: la sindrome sgombroide, ovvero un’intossicazione da istamina potenzialmente grave ma difficilmente riconoscibile a prima vista.
L’istamina è una ammina biogena prodotta dalla decarbossilazione dell’aminoacido istidina, che è naturalmente presente nei tessuti di molte specie ittiche appartenenti alla famiglia Scombridae — tra cui tonno, sgombro, sardine e acciughe.
Questa reazione non avviene spontaneamente nella carne di pesce fresca: è invece innescata da enzimi batterici che proliferano quando la catena del freddo viene interrotta o quando il pesce è conservato a temperature superiori ai 6-10 °C per periodi prolungati.
Meccanismo biochimico e correlazione con la sindrome sgombroide
In condizioni di deterioramento, i batteri trasformano l’amminoacido istidina in istamina, che può accumularsi in concentrazioni molto elevate. L’istamina così formata è termostabile: non viene decomposta da normali processi di cottura, refrigerazione o congelamento.
Dal punto di vista biochimico, l’istamina ingerita scatena reazioni cliniche molto simili a quelle delle allergie IgE-mediate — arrossamento cutaneo, prurito, nausea, vomito, diarrea, tachicardia, mal di testa — con un’insorgenza rapida, solitamente nell’arco di pochi minuti fino a due ore dopo il pasto.
Studi clinici hanno dimostrato che nei casi di intossicazione sgombroide, esami sulle urine mostrano livelli di istamina e dei suoi metaboliti decine di volte superiori ai valori normali, confermando la tossicità diretta della molecola assunta con l’alimento contaminato.
Il caso di Genova: elementi tecnici di correlazione
Nel caso di Genova:
Aspetti diagnostici e limiti di prevenzione
Dal punto di vista sanitario, la diagnosi di sindrome sgombroide è prevalentemente clinica: non esistono test immediati durante il soccorso per confermare istamina alta nei tessuti ingeriti. I controlli analitici su campioni di alimento e indagini sulla filiera alimentare sono necessari ma richiedono tempo e strumentazione all’avanguardia.
La prevenzione, dal punto di vista tecnico igienico, si concentra su:
Conclusioni tecnico-scientifiche
La recente serie di intossicazioni genovesi conferma un dato noto dalla letteratura scientifica: la correlazione tra accumulo di istamina nei prodotti ittici e la sindrome sgombroide è diretta e determinante, e può manifestarsi anche in assenza di evidenti segni di deterioramento del pesce.
Per operatori e autorità sanitarie, l’evento sottolinea l’importanza di controlli efficaci sulla filiera della conservazione del pesce, nonché la necessità di una diagnosi tempestiva e differenziale con altre forme di tossinfezioni alimentari. Solo così è possibile contenere il rischio di futuri episodi simili.
Luca Medini, direttore LABCAM Albenga
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