Labcam, Laboratorio chimico merceologico della Camera di Commercio di Savona, organizza il primo workshop nazionale interamente dedicato all’innovazione, alla ricerca, alla normativa a servizio delle imprese e dei professionisti del settore alimentare. Il 17 e 18 marzo esperti di Università, Centri di ricerca e degli ordini professionali si danno appuntamento nei laboratori di Albenga.
Un workshop totalmente dedicato al settore agroalimentare su ricerca, innovazione dei prodotti, sicurezza ed etichettatura. Il 17 e 18 marzo esperti delle principali Università italiane, Centri di Ricerca e degli ordini professionali di tutta Italia si danno appuntamento ad Albenga (Regione Rollo 98) per una due giorni organizzata da LABCAM, Laboratorio chimico merceologico della Camera di Commercio di Savona, in collaborazione con il Laboratorio della Camera di Commercio di Torino.
L’iniziativa, articolata in due giornate da due sessioni ciascuna, si rivolge alle imprese e ai professionisti del settore con l’obiettivo di fornire un panorama aggiornato, a 360°, sui temi più attuali. “Il comparto dell’agroalimentare è senza dubbio al centro di un crescente interesse – spiega Luca Medini, direttore di Labcam – quasi quotidianamente ci confrontiamo con notizie che riguardano la sicurezza e la qualità “in tavola”. Le normative e gli studi in merito sono in continua evoluzione visto le sempre più crescenti necessità del settore e le richieste del mercato con particolare attenzione all’applicazione di tecniche innovative per l’analisi della qualità di prodotto e per il mantenimento delle sue proprietà. La nostra iniziativa, che vedrà il contributo di esperti da tutta Italia, nasce con l’obiettivo di mettere a fattor comune l’esperienza e la ricerca ai massimi livelli oggi nel panorama nazionale e internazionale fornendo soluzioni innovative alle aziende e informandole sulle ultime novità legislative e sulle responsabilità che coinvolgono le imprese”.
Nella prima sessione viene affrontato il tema della sicurezza alimentare con particolare attenzione alle nuove tecniche di valutazione della qualità, l’utilizzo di tecniche e applicazioni innovative (spettroscopia Nir e chemiometria). La seconda sessione è dedicata all’analisi sensoriale finalizzata alla valorizzazione dei prodotti con l’obiettivo di fare il punto sulla ricerca e sulle applicazioni relative alla scienza sensoriale e analitica, con un caso studio sul basilico e la sua interazione con la luce. La terza sessione è dedicata alla “vita” del prodotto e quindi la shelf life, la conservazione negli imballaggi su “scaffale” con modelli su aspetti microbiologici e mantenimento delle proprietà sensoriali. L’ultima sessione prende in esame gli aspetti normativi che regolano il settore agroalimentare: dalla protezione del marchio fino agli aspetti del nuovo regolamento sull’etichettatura.
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Sindrome sgombroide e istamina:il commento di LABCAM Albenga
Il caso delle intossicazioni alimentari a Genova del 10 dicembre 2025, con 18 persone soccorse dopo il consumo di piatti a base di pesce (probabilmente tonno), riporta sotto i riflettori un fenomeno tossicologico che spesso è sottovalutato: la sindrome sgombroide, ovvero un’intossicazione da istamina potenzialmente grave ma difficilmente riconoscibile a prima vista.
L’istamina è una ammina biogena prodotta dalla decarbossilazione dell’aminoacido istidina, che è naturalmente presente nei tessuti di molte specie ittiche appartenenti alla famiglia Scombridae — tra cui tonno, sgombro, sardine e acciughe.
Questa reazione non avviene spontaneamente nella carne di pesce fresca: è invece innescata da enzimi batterici che proliferano quando la catena del freddo viene interrotta o quando il pesce è conservato a temperature superiori ai 6-10 °C per periodi prolungati.
Meccanismo biochimico e correlazione con la sindrome sgombroide
In condizioni di deterioramento, i batteri trasformano l’amminoacido istidina in istamina, che può accumularsi in concentrazioni molto elevate. L’istamina così formata è termostabile: non viene decomposta da normali processi di cottura, refrigerazione o congelamento.
Dal punto di vista biochimico, l’istamina ingerita scatena reazioni cliniche molto simili a quelle delle allergie IgE-mediate — arrossamento cutaneo, prurito, nausea, vomito, diarrea, tachicardia, mal di testa — con un’insorgenza rapida, solitamente nell’arco di pochi minuti fino a due ore dopo il pasto.
Studi clinici hanno dimostrato che nei casi di intossicazione sgombroide, esami sulle urine mostrano livelli di istamina e dei suoi metaboliti decine di volte superiori ai valori normali, confermando la tossicità diretta della molecola assunta con l’alimento contaminato.
Il caso di Genova: elementi tecnici di correlazione
Nel caso di Genova:
Aspetti diagnostici e limiti di prevenzione
Dal punto di vista sanitario, la diagnosi di sindrome sgombroide è prevalentemente clinica: non esistono test immediati durante il soccorso per confermare istamina alta nei tessuti ingeriti. I controlli analitici su campioni di alimento e indagini sulla filiera alimentare sono necessari ma richiedono tempo e strumentazione all’avanguardia.
La prevenzione, dal punto di vista tecnico igienico, si concentra su:
Conclusioni tecnico-scientifiche
La recente serie di intossicazioni genovesi conferma un dato noto dalla letteratura scientifica: la correlazione tra accumulo di istamina nei prodotti ittici e la sindrome sgombroide è diretta e determinante, e può manifestarsi anche in assenza di evidenti segni di deterioramento del pesce.
Per operatori e autorità sanitarie, l’evento sottolinea l’importanza di controlli efficaci sulla filiera della conservazione del pesce, nonché la necessità di una diagnosi tempestiva e differenziale con altre forme di tossinfezioni alimentari. Solo così è possibile contenere il rischio di futuri episodi simili.
Luca Medini, direttore LABCAM Albenga
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