L’istamina è un composto azotato presente in natura sia nei tessuti vegetali sia in quelli animali, quindi anche nel nostro organismo e, come sostanza chimica naturale, può formarsi in numerosi alimenti (pesci, carni, salumi, formaggi e latticini). È notizia di questi giorni il riconoscimento da parte della Cassazione di 12 mila euro di risarcimento danni a due clienti di un ristorante di Lerici che avevano mangiato una tartare di tonno. Nel piatto di pesce, consumato crudo, è stata riscontrata la presenza di “un quantitativo di istamina ampiamente superiore ai limiti di legge”. Alla coppia sono state causate lesioni giudicate guaribili in 20-30 giorni.
«L’istamina – spiega Luca Medini, direttore di Labcam srl, Laboratorio chimico merceologico della Camera di Commercio di Savona – si forma dalla denaturazione di una specifica proteina, l’istidina, presente soprattutto in alcune specie ittiche dalla carne rossa come sardine, tonni, aringhe, acciughe e sgombri. Inoltre, essendo termostabile, non può essere degradata né mediante la cottura né attraverso il congelamento degli alimenti».
Nei pesci si sviluppa quando viene meno la freschezza del prodotto o quando lo stesso è stato esposto per un tempo prolungato a temperature ambientali (superiori ai 6-10°C). Un’elevata quantità di istamina non determina alterazioni di sapore o di odore nell’alimento, ma può causare intossicazioni alimentari (sindrome sgombroidea) anche gravi per la salute dei consumatori.
Labcam srl ha l’accreditamento per le analisi sull’istamina: prevenire è sempre meglio



Sindrome sgombroide e istamina:il commento di LABCAM Albenga
Il caso delle intossicazioni alimentari a Genova del 10 dicembre 2025, con 18 persone soccorse dopo il consumo di piatti a base di pesce (probabilmente tonno), riporta sotto i riflettori un fenomeno tossicologico che spesso è sottovalutato: la sindrome sgombroide, ovvero un’intossicazione da istamina potenzialmente grave ma difficilmente riconoscibile a prima vista.
L’istamina è una ammina biogena prodotta dalla decarbossilazione dell’aminoacido istidina, che è naturalmente presente nei tessuti di molte specie ittiche appartenenti alla famiglia Scombridae — tra cui tonno, sgombro, sardine e acciughe.
Questa reazione non avviene spontaneamente nella carne di pesce fresca: è invece innescata da enzimi batterici che proliferano quando la catena del freddo viene interrotta o quando il pesce è conservato a temperature superiori ai 6-10 °C per periodi prolungati.
Meccanismo biochimico e correlazione con la sindrome sgombroide
In condizioni di deterioramento, i batteri trasformano l’amminoacido istidina in istamina, che può accumularsi in concentrazioni molto elevate. L’istamina così formata è termostabile: non viene decomposta da normali processi di cottura, refrigerazione o congelamento.
Dal punto di vista biochimico, l’istamina ingerita scatena reazioni cliniche molto simili a quelle delle allergie IgE-mediate — arrossamento cutaneo, prurito, nausea, vomito, diarrea, tachicardia, mal di testa — con un’insorgenza rapida, solitamente nell’arco di pochi minuti fino a due ore dopo il pasto.
Studi clinici hanno dimostrato che nei casi di intossicazione sgombroide, esami sulle urine mostrano livelli di istamina e dei suoi metaboliti decine di volte superiori ai valori normali, confermando la tossicità diretta della molecola assunta con l’alimento contaminato.
Il caso di Genova: elementi tecnici di correlazione
Nel caso di Genova:
Aspetti diagnostici e limiti di prevenzione
Dal punto di vista sanitario, la diagnosi di sindrome sgombroide è prevalentemente clinica: non esistono test immediati durante il soccorso per confermare istamina alta nei tessuti ingeriti. I controlli analitici su campioni di alimento e indagini sulla filiera alimentare sono necessari ma richiedono tempo e strumentazione all’avanguardia.
La prevenzione, dal punto di vista tecnico igienico, si concentra su:
Conclusioni tecnico-scientifiche
La recente serie di intossicazioni genovesi conferma un dato noto dalla letteratura scientifica: la correlazione tra accumulo di istamina nei prodotti ittici e la sindrome sgombroide è diretta e determinante, e può manifestarsi anche in assenza di evidenti segni di deterioramento del pesce.
Per operatori e autorità sanitarie, l’evento sottolinea l’importanza di controlli efficaci sulla filiera della conservazione del pesce, nonché la necessità di una diagnosi tempestiva e differenziale con altre forme di tossinfezioni alimentari. Solo così è possibile contenere il rischio di futuri episodi simili.
Luca Medini, direttore LABCAM Albenga
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